Nostra Storia

You are here: Home - Nostra Storia

“La grande storia, quella che conta, la storia della cultura e delle idee, la fanno, giustamente i “Grandi” (spesso a spese di tutti gli altri), visto che gli altri apparentemente, è come se non fossero stati.

Vorrei sapere se la loro indifferenza alla storia e l’indifferenza della storia nei loro confronti, sono una conseguenza o una causa della loro umiltà, del loro stare ai margini delle grandi correnti”.

A.Asor Rosa: “L’ultimo paradosso”


La storia che da anni tentiamo di raccontare non è quella accademica, paludata, ma quella del cronista, dei testimoni, della Milano dei colori tenui, scialbati, dei trani, del bianchin spruzàa: storia di uomini e donne e della loro fatica. Gli storici paludati, preoccupati soprattutto a raccontare avvenimenti nobili che hanno cambiato il mondo, hanno spesso ignorato il quotidiano, la vita di ogni giorno. Ed è forse per questo silenzio delle fonti che un servizio così necessario è stato definito “il mestiere senza storia”. Eppure qualcuno avrebbe dovuto ricordarsi quello che Aristotele aveva scritto nella sua opera “La Politica”: “ Alcuni mestieri sono più nobili, ma altri sono più necessari”. Questa elementare verità bisognerebbe scriverla all’ingresso dei nostri Dipartimenti, abbigliarla sui nostri automezzi.

Forse a qualcuno, sorpreso da questa nostra ventennale caparbietà a non volere dimenticare il passato, verrà la tentazione di catalogarci nella categoria degli “andeghee”, di quelli cioè che vivono la storia sentimentalmente e che rimpiangono i “tram a cavaj”, “i lampiun del gas”, “cert tratt de Navilli”….
Lo confessiamo: è vero siamo legati al passato, poiché per alcuni di noi, spazzino era il mestiere di suo nonno, e spazzino quello del padre e ogni oggetto da noi custodito ha un suo significato, rappresenta un frammento di “quella” storia. La fatica è rimasta uguale: oggi come 100 anni fa, ma né intemperie, né freddo, né gelo, e neanche l’acqua e la neve, sono stati sufficienti a farci inserire tra i mestieri usuranti.

È stato più semplice invece farci catalogare tra i “mestieri infamanti”, che ci hanno impedito per secoli di diventare chierici e di rivestire cariche pubbliche. Del resto eravamo in buona compagnia con puttane, gladiatori, usurai e teatranti. Eppure abbiamo avuto illustri predecessori: si narra di Plutarco che sopraintendeva agli spazzaturai di Cheronea con la stessa dignità che se avesse presieduto ai giochi olimpici. Nel 380 a.c. la città più pulita della Grecia era TEBE, quando il direttore della Nettezza Urbana era EPAMINONDA, poi diventato valoroso condottiero.

C’è anche un imperatore romano, Vespasiano, nella nostra categoria, che al figlio che gli faceva osservare di aver messo una tassa sui bagni pubblici, rispose: “ pecunia non olet” (il denaro non puzza). Certo, fummo schiavi nell’Atene di Aristotile e contadini nella Roma imperiale, ci ignorarono nel Medio Evo (il secolo delle puzze) e ne derivarono pestilenze ed epidemie. In qualche modo, anche per questo mestiere, dovemmo attendere il Rinascimento, con la nascita dei magistrati e dei Tribunali di Sanità.

Tuttavia fino al 1960 il mestiere resta faticoso e antigienico. E come non dare ragione a Paperino che quando viene mandato per punizione a spazzare un giardino, esclama: “ sono sceso all’ultimo gradino della scala sociale”. Ed è forse anche per questa condizione di lavoro estremamente disagiato che periodicamente i semantici si esercitano in operazioni di restilyng: rueè-spazzino, spazzino-operatore ecologico, forse per riscattare il ludibrio, il disprezzo, la maledizione che questo mestiere per secoli ha evocato. Nel 2007, in occasione del Centenario del Servizio di Igiene Urbana a Milano, Amsa ha pubblicato un libro portando all’attenzione della città quanto questo nostro mestiere sia cambiato, da mestiere infamante a sentinella dell’ambiente, tanto da meritare una sezione sui rifiuti al Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano.

Back to top